In questa sezione si presentano le attività di analisi diagnostica che il Laboratorio mette a disposizione degli operatori del settore dei beni culturali.
Il Laboratorio, in quanto soggetto pubblico, svolge la sua azione principalmente a servizio di altri soggetti pubblici attraverso specifici accordi di collaborazione, ma è nel mercato privato che, grazie alla flessibilità delle nostre procedure, possiamo offrire consulenze e servizi molto competitivi e con gli standard piu alti oggi disponibili sul mercato.
Nelle pagine seguenti sono presentati esempi di procedure diagnostiche disponibili, per ogni tipologia materica dei beni, che evidenziano:
• le principali finalità/obiettivi d’indagine per la specifica tipologia;
• le tecniche adottate per ogni finalità;
• veri e propri “protocolli standard” minimi per ogni tipologia materica e ogni tecnica d’indagine, rapportati a 4 grandi tipologie di analisi:
la composizione chimica e la distribuzione dei materiali allo scopo di classificare le tecniche di esecuzione ed evidenziare le componenti più soggette a rischio
lo stato di conservazione degli strati superficiali e interni per modellizzare gli effetti a corto, medio e lungo termine di una esposizione alle condizioni ambientali
l’effetto e l’efficacia di trattamenti di restauro durante e dopo le lavorazioni (pulitura, consolidamento, stuccatura, reintegrazione, protezione, ecc.) per ottimizzare le procedure di intervento e monitorare lo stato di conservazione nel tempo.
Dipinti murali, su tavola, tela, sculture policrome, manoscritti e codici miniati.
La caratterizzazione dei materiali costitutivi di una policromia (supporto di diversa natura, preparazione, pigmenti, coloranti, leganti) può dare un contributo determinante per lo studio delle problematiche connesse alla collocazione storico artistica e alla conservazione dell’opera ma anche coadiuvare il restauratore nella scelta degli interventi di pulitura e nel successivo monitoraggio.
Le superfici pittoriche costituiscono sistemi chimico-fisici caratterizzati da una grande variabilità in termini di composizione e struttura in cui possono stabilirsi complesse interazioni fra i vari materiali costitutivi siano essi di natura organica o inorganica. Ciò può portare a trasformazioni irreversibili del film pittorico, aggravate dall'azione di fattori ambientali non idonei alla conservazione dell’oggetto artistico. Da qui la necessità d'integrare le conoscenze di carattere storico-stilistico dello storico dell'arte e del restauratore/conservatore con studi scientifici volti alla caratterizzazione dei materiali originali, di precedenti interventi di restauro, della loro distribuzione e eventuale alterazione
Le pietre per la loro resistenza, durabilità e varietà di aspetto e colorazione sono state impiegate, sin dai tempi più antichi, come materiali per la costruzione di edifici e per la preparazione di ornamenti.
I materiali lapidei naturali sono però soggetti a fenomeni di degrado e di alterazione.
Tra questi i più frequenti sono: l’esfoliazione, le efflorescenze saline, la scagliatura, la polverizzazione, l’alveolizzazione, la concrezione, l’erosione e le croste nere. Va tenuto anche conto di tutte le alterazioni derivate da errati interventi di restauro in cui sono stati utilizzati materiali incompatibili o non adatti che hanno alterato la lettura del manufatto stesso.
La caratterizzazione chimico-fisica dei materiali può aiutare il restauratore nella scelta del metodo di pulitura e/o consolidamento più opportuno.
Con l'espressione "materiale metallico" si fa riferimento in generale ai metalli e alle loro leghe.
Con il termine "lega" si definisce un materiale metallico contenente due o più elementi quali componenti. Le leghe possono essere monofasiche o polifasiche in dipendenza degli elementi che le costituiscono e delle loro quantità. Le leghe hanno in genere caratteristiche e proprietà diverse da quelle degli elementi che le costituiscono. I problemi conservativi inerenti i manufatti metallici e loro leghe sono sostanzialmente correlati al fenomeno della corrosione. In generale, il processo corrosivo porta alla conversione del metallo in composti di tipo ossidi, idrossidi o sali diversi (carbonati, solfati, cloruri, etc.) in funzione degli agenti chimici ambientali presenti. Questi composti sostituiscono il metallo di partenza (mineralizzazione) alterando completamente le proprietà meccaniche e chimiche del materiale. L’entità del fenomeno della corrosione dipende, infine, dal tipo di metallo considerato e dalle sue proprietà elettrochimiche. In generale, una descrizione sistematica dei processi corrosivi è, comunque, estremamente difficile per via della grande varietà dei materiali coinvolti e delle condizioni in cui tali processi possono avvenire e dall'elevato numero dei fattori chimici e fisici che possono intervenire.
Si definiscono tessili quelle fibre che possono essere trasformate in filati ed essere conseguentemente tessute secondo vari sistemi di intreccio. In base alla loro origine si distinguono in naturali (vegetali o animali), artificiali e sintetiche, a loro volta suddivise in più categorie.
Aspetto, prestazioni e comportamento delle fibre, e dei tessuti da esse ricavati, dipendono da caratteristiche fisiche quali la lunghezza, la forma, la densità, la superficie e la cristallinità. Importanti sono anche le caratteristiche meccaniche: resistenza alla tensione, estensibilità, elasticità e resistenza al deterioramento. Le fibre tessili, di natura proteica e cellulosica, grazie alla loro capacità di creare legami stabili con i gruppi cromofori presenti nei coloranti, hanno la possibilità di assumere colorazioni. Prima dell’avvento dei prodotti sintetici, i coloranti erano di origine naturale e animale, e il processo tintorio avveniva esclusivamente in acqua. I legami che si vengono a creare fra colorante e fibra sono di natura chimica e fisica.
L’evoluzione dell’invecchiamento di tali materiali nel corso del tempo può essere attualmente monitorata in modo non invasivo. La stabilità della colorazione della fibra tessile dipende non solo dal colorante, ma anche dal mordente, dal substrato inorganico e dal metodo di preparazione. Da qui l’importanza della caratterizzazione della fibra tessile, del colorante utilizzato e del metodo di preparazione ai fini del restauro e di una corretta conservazione del manufatto.
Gli oggetti ceramici sono costituiti da un corpo di terracotta (biscotto), rivestito da uno strato più superficiale di spessore variabile.
Il costituente principale del biscotto è l’argilla composta prevalentemente da silicati idrati di alluminio, talora con quantità subordinate di altri elementi quali magnesio, sodio, potassio, calcio e ferro. Le ceramiche possono presentare rivestimenti con materiali che si dividono in due grandi categorie, di tipo argilloso e di tipo vetroso. I rivestimenti di tipo argilloso sono gli ingobbi, porosi e opachi. I rivestimenti di tipo vetroso sono invece le invetriature, impermeabili e lucenti, chiamate vetrine quando sono trasparenti, e smalti non trasparenti o meglio opacizzati con un agente che nella stragrande maggioranza dei casi è la cassiterite utilizzata appunto per non mostrare il colore del corpo ceramico sottostante. I principali fattori che contribuiscono a degradare i materiali ceramici sono: la composizione del vetro; l’ambiente di conservazione; la possibile presenza di agenti inquinanti; l’interazioni con umidità e/o con micro-organismi. La caratterizzazione della composizione della vetrina è quindi un punto di fondamentale importanza per la durabilità a lungo o medio termine del manufatto ceramico.
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